Published on settembre 17th, 2015 | by Antonio Ciccotti
0La chiesa di San Gregorio Armeno Napoli
Il complesso conventuale San Gregorio Armeno Napoli e la Chiesa di San Gregorio Armeno.
Sorge sull’omonima via, l’antica Strada Nostriana che prende il nome dal vescovo Nostriano che nel V secolo fondò il primo ospedale per i poveri ammalati.
La chiesa sarebbe stata edificata sulle rovine del tempio di Cerere attorno al 930, nel luogo che secondo la leggenda avrebbe ospitato il monastero fondato da Sant’Elena Imperatrice, madre dell’imperatore Costantino.
Altra leggenda vuole la presenza nel luogo di un monastero di monache basiliane, seguaci di santa Patrizia che vi si sarebbero stabilite dopo la morte della santa, conservando le reliquie di san Gregorio Armeno (che fu patriarca di Armenia dal 257 al 331).
Nel 1009, in epoca normanna, il monastero fu unificato a a quello dedicato a San Pantaleone, assumendo la regola benedettina.
Dopo il Concilio di Trento, a partire dal 1572, il complesso subì un profondo rifacimento ad opera di Giovanni Vincenzo Della Monica e Giovan Battista Cavagna, con la chiesa collocata al centro del convento.
Ulteriori rifacimenti ad opera di Dionisio Lazzari furono del 1682.
Il miracolo di Santa Patrizia
Dal 1864 le spoglie della Santa furono traslate nella chiesa, a suggello della devozione dei napoletani per la vergine, discendente dell’imperatore Costantino che nel IV secolo naufragò sulle coste della città, prendendo alloggio nell’antico convento basiliano, dove sarebbe morta il 13 agosto del 365.
Nella quinta cappella a destra della navata, vi sono le reliquie della Santa, contenute in un pregevole reliquiario in oro e argento.
Le doti miracolose di Santa Patrizia, già note nel secolo XII, per il trasudamento della manna che sarebbe avvenuto dalle pareti sepolcrali che custodivano il corpo della Santa, ed in seguito per la liquefazione del sangue, hanno trovato a Napoli nei secoli ed ancora oggi, eco minore rispetto a quelle del più celebre patrono della città San Gennaro.
Tuttavia, capitando di imbattersi per caso nella chiesa, un martedì mattina, si può assistere, in un’atmosfera di rarefatto misticismo, al prodigio che avverrebbe in seguito alle impetrazioni delle monache.
Il prodigio, a differenza di quello di San Gennaro, avrebbe avuto luogo negli anni in modi e tempi diversi, ma secondo la tradizione, i martedì e il giorno della festa di Santa Patrizia, il 25 agosto.
Nella chiesa avverrebbero o sarebbero avvenute anche altre liquefazioni di santi celebri: San Giovanni Battista (il 29 agosto e talvolta il 24 giugno) e San Pantaleone (l’ultimo sarebbe avvenuto il 27 giugno del 1950).
Descrizione
La facciata, seppur leggermente sproporzionata, presenta quattro lesene toscane che le conferiscono armonia di forma e struttura, con tre finestroni in arcate in un primo tempo sormontate da un timpano e successivamente da un terzo ordine architettonico.
L’atrio, severo e scuro, regge il piano del coro con quattro pilastri e le relative piccole volte ad essi collegati.
Il portale principale presenta dei bellissimi battenti disegnati con originali linee di ispirazione classica ed eseguiti nel 1792. In ciascuno degli scomparti dei tre battenti figurano rispettivamente, intagliati a rilievo, San Lorenzo, Santo Stefano e gli Evangelisti.
Superando l’atrio, si notano ai lati della porta le iscrizioni che ricordano l’anno di consacrazione della chiesa nel 1579 e la dedicazione al santo armeno. In una terza lapide è menzionata la visita di Pio IX del 1849.
L’interno presenta una navata unica, con quattro cappelle laterali e cinque arcate per ciascun lato, che termina con un’abside a pianta rettangolare, sormontata da una semicupola decorata con La gloria di San Gregorio di Luca Giordano.
Di straordinaria fattura è il soffitto a cassettoni, realizzato nel 1580 dal pittore fiammingo Teodoro d’Errico su commissione della badessa del convento Beatrice Carafa, i cui scomparti con intagli dorati allocano tavole con la raffigurazione della vita dei santi le cui reliquie sono custodite nel complesso conventuale.
Nelle quattro cappelle laterali destre vi sono, tra l’altro, L’Annunciazione di Pacecco De Rosa, laVergine del Rosario di Nicola Malinconico e notevoli affreschi di Francesco Di Maria. Sul lato sinistro si può ammirare invece un superbo San Benedetto attribuito allo Spagnoletto.
L’altare maggiore, appoggiato alla parete fondale dell’abside, è opera di Dionisio Lazzari; l’ancona, ospitante l’Ascensione di Giovan Bernardo Lama, è sormontata da una grata che costituisce l’affaccio del Cappellone, o Coro dell’abside, sulla chiesa.
Sulla sinistra del presbiterio, il comunichino del 1610: da qui la badessa del convento soleva ascoltare la messa e consentiva alle monache di ricevere la comunione.
L’ambiente interno conserva ancora oggi la Scala santa che, fino al secolo scorso le monache erano obbligate a salire in ginocchio tutti i venerdì del mese di marzo come forma di penitenza.
Il Chiostro
Uscendo dalla chiesa, dal lato dell’omonima via resa caratteristica per le botteghe di pastori e sormontata dal cavalcavia di connessione tra i due conventi poi trasformato in campanile, si accede al chiostro ed al convento, opera dell’architetto Giovanni Vincenzo Della Monica.
Il complesso, importante anche per la presenza di un ricco archivio, presenta un chiostro, tra i più belli e suggestivi della città, nel quale si affacciano gli alloggi a terrazza delle monache (le Suore Crocifisse o di Santa Patrizia, che ivi attendono alla confezione delle ostie ed alla preparazione del vino bianco per la messa).
Al centro, una grande fontana marmorea barocca, affiancata da due statue settecentesche che raffigurano Cristo e la Samaritana (opera di Matteo Bottiglieri).