Published on giugno 2nd, 2016 | by admin
0Cucina napoletana piatti tipici
Primi e secondi della cucina napoletana, menù tipici partenopei.
La cucina napoletana ha antichissime radici storiche che risalgono al periodo greco-romano e si è arricchita nei secoli con l’influsso delle differenti culture che si sono susseguite durante le varie dominazioni della città e del territorio circostante. Importantissimo è stato l’apporto della fantasia e creatività dei napoletani nella varietà di piatti e ricette oggi presenti nella cultura culinaria partenopea.
In quanto capitale del regno, la cucina di Napoli ha assorbito anche gran parte delle tradizioni culinarie dell’intera Campania, raggiungendo un giusto equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi).
Nonostante le contaminazioni avvenute durante i secoli, compreso quello appena trascorso, la cucina napoletana conserva tutt’oggi un repertorio di piatti, ingredienti e preparazioni che ne caratterizzano una identità culturale inconfondibile.
Ecco 20 piatti che distinguono la cucina napoletana ed i suoi piatti tipici.
Diversi possono essere i procedimenti per la realizzazione, ma se parliamo ad esempio di un piatto famoso come la parmigiana di melanzane, sappiamo che è una specialità conosciuta e preparata in tutta la regione, talmente nota da sdoganarsi e diventare poi un piatto che identifica a oggi un’intera nazione. La semplicità dei sapori e gli ingredienti genuini sono i punti di forza dei piatti tipici napoletani: in buona parte si tratta di cucina di mare, proveniente da tutto il litorale ,ma la tradizione comprende anche piatti a base di carne e verdure.
La cucina napoletana ha inoltre il merito indiscusso di aver contribuito alla nascita e alla diffusione della cosiddetta dieta mediterranea, per l’utilizzo di prodotti fondamentali come i pomodori, l’olio, le verdure e anche la pasta. Lo sviluppo della cucina napoletana lo si deve all’estro e all’esperienza degli abitanti del territorio, che con maestria hanno saputo rendere nobili gli ingredienti considerati poveri.
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Pizza di scarole: questa pizza è tipica del periodo natalizio e si prepara anche a Capodanno. Si consuma sostanzialmente durante il pranzo delle due vigilie, come preparazione all’attesa dei grandi cenoni. Si tratta di pasta di pane o pasta per la pizza farcita con scarole: per chi non le conoscesse trattasi di indivia, unite a olive di Gaeta, capperi, pinoli, uvetta e, per chi le preferisce, qualche filetto di acciuga.
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Spaghetti al pomodoro: lo chef Alfonso Iaccarino è un cultore di questo piatto, sa riconoscere un bravo cuoco dalla sua capacità di riuscire a prepararlo. Sembra semplice da realizzare (gli ingredienti sono pochi ed essenziali), ma, ahinoi, non tutti ne sono capaci. 3 gli elementi fondamentali: la pasta, il pomodoro, meglio ancora se si tratta di pomodorini del piennolo, e l’olio. Pizza, spaghetti e mandolino: così Napoli e tutta la Campania sono rappresentate all’estero e non c’è turista che una volta qui non sia curioso di provarli.
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Frittura di alici: il Mar Mediterraneo ne è ricco e il popolo campano ha ben saputo sfruttare questa ricchezza naturale. 2 sono le tipologie note nella regione: le alici di Cetara e le alici di Menaica. Le prime prendono il nome dal borgo marinaro da cui partono le barche che si dedicano da generazioni alla pesca di alici. Menaica, invece, è un’antica tecnica di pesca che viene ancora utilizzata nel Cilento, nella zona tra Palinuro e Pisciotta. La frittura di alici, inserita poi nel classico cuoppo, è considerato un piatto classico della tradizione.
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Parmigiana di melanzane: l’origine di questo piatto è da condividere inevitabilmente con i cugini siciliani, essendo la melanzana un ortaggio coltivato soprattutto nell’antica Trinacria. Diciamo che i campani lo hanno adottato come piatto tipico, in memoria della convivenza durante il Regno delle Due Sicilie. Fatto sta che, in particolar modo nel periodo stagionale, sulle tavole domenicali non può mancare la parmigiana. Anche in questo caso esistono diverse scuole di pensiero sulla realizzazione: c’è chi frigge le melanzane direttamente nella padella con l’olio, c’è chi invece, prima di friggerle, le passa prima nella farina e poi nell’uovo, ossia le indora, per una versione più sostanziosa ma decisamente più saporita.
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Frittata di maccheroni. Bisogna fare subito una precisazione: c’è differenza tra la frittata di maccheroni casalinga e quella che invece è proposta nelle friggitorie. La prima versione è realizzata con la pasta che avanza in casa, soprattutto la domenica quando le dosi dei pranzi abbondano. Per non cestinare il tutto, basta sbattere le uova, aggiungere un po’ di parmigiano e il gioco è fatto. Diversa è la frittatina di maccheroni, diventata un vero e proprio must dello street food soprattutto partenopeo, costituita da bucatini, besciamella e passata in una pastella prima di friggerla. Il ripieno varia dalla carne macinata, con piselli e provolo, a quello con prosciutto e provola.
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Impepata di cozze: è un piatto molto semplice da realizzare, ma dalla forte connotazione tradizionale. Il giovedì santo, a cena, è d’obbligo su tutte le tavole campane, ma anche in estate si consuma con piacere. Le cozze, una volta pulite, sono chiuse in una casseruola e lasciate cuocere. Una volta schiuse, a fuoco spento, vengono profumate con prezzemolo, pepe e olio. Si gustano meglio se accompagnate dalle classiche freselle o da pane abbrustolito.
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La genovese: anche se il nome non è propriamente meridionale, il sugo alla genovese nasce in Campania. Sulle origini del termine e della ricetta in sé se ne discute tutt’oggi. Il sugo viene realizzato con cipolle, carne di manzo, sedano, carote, gambetto di prosciutto e lasciato cuocere a lungo, finché le cipolle non diventino una crema. Di solito questo sugo accompagna alcuni formati di pasta particolari, come le candele spezzate o i paccheri.
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Migliaccio: in Campania si intende un dolce a base di semolino e ricotta tipico del periodo di Carnevale. Non si riuscirà mai a stilare una ricetta definitiva, così come per altre pietanze tipiche, perché ogni famiglia ha la sua versione. Le preparazioni si differenziano per piccoli particolari: c’è chi aggiunge canditi, chi non lo fa, e le quantità variano a seconda del proprio gusto personale, ma il martedì grasso è una tradizione rigorosa da rispettare. Tra le province di Avellino e Benevento esiste anche una versione salata a base di farina di mais.
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Pastiera: un altro dolce tipico campano. Viene realizzato per la Pasqua, ma c’è chi la prepara anche a Natale. Gli ingredienti principali sono grano, ricotta, uova, sugna, zucchero e canditi, su una base di pasta frolla. Anche in questo caso una ricetta sola non esiste, ogni famiglia ha il suo ingrediente segreto che rende questo dolce unico. Anche le tecniche di realizzazione possono variare a seconda dei gusti: che chi passa il grano al setaccio, perché preferisce un ripieno più morbido, e chi addirittura aggiunge crema pasticcera alla farcitura. Essendo una fondamentalista in fatto di tradizione, personalmente la considero un’eresia.
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Casatiello: se parli di Pasqua, non puoi non nominare anche il casatiello. Un piatto rustico, ottenuto con un impasto a base di farina, sale, sugna e pepe, farcito con un misto di cigoli, formaggi e uova sode. Durante il periodo pasquale (e non solo) fa da antipasto, se riesce ad arrivare integro a tavola, accompagnando salumi e ricotta salata. Nelle province campane si realizza anche il casatiello dolce, ricoperto da glassa e confettini di zucchero.
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Minestra maritata: durante i periodi festivi questo è un altro piatto della tradizione. La ricetta è a base di verdure miste, come le scarole, i broccoli, cavolo cappuccio, torzelle, cicoria e altre erbe aromatiche, accompagnate da un brodo di carne di maiale o di pollo, con l’aggiunta di lardo, caciocavallo e osso di prosciutto. Il termine maritata deriva proprio dall’unione di ingredienti diversi.
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Pasta e fagioli con le cozze: è una ricetta dalle varie interpretazioni, realizzata soprattutto nelle zone di costiera, dai Campi Flegrei passando per Castellammare di Stabia fino ad arrivare ad Amalfi. Una pietanza semplice, che vede uniti ingredienti diversi ma che ben si sposano per i loro sapori. Per realizzarla occorrono fagioli cannellini, cozze, olio, qualche pomodorino, un pizzico di peperoncino. Come formato di pasta c’è chi preferisce quella mista, chi i tubetti: ognuno ha la propria scuola di pensiero in merito.
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Mozzarella in carrozza: se vi avanza della mozzarella, cosa difficile a credersi, un buon utilizzo può essere questa ricetta. Vi occorrono ingredienti semplici: pane raffermo, uova, un goccio di latte e ovviamente la mozzarella. Questa è inserita tra due fette di pane, passata nell’uovo battuto con un po’ di latte e fritta nell’olio.
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Insalata di rinforzo: altra ricetta tipica natalizia. Anche in questo caso sull’origine del nome ci sono varie interpretazioni: il rinforzo comunque sta a significare la presenza di ingredienti abbastanza sostanziosi che accompagnano il cenone a base di pietanze marinare. L’insalata è costituita da cavolo lessato, olive nere e bianche, acciughe,papaccelle (peperoni piccoli e rotondi, ricchi di sapore), olio e aceto. Visto che quasi sempre avanza, nei giorni successivi l’insalata è ricostituita con gli stessi ingredienti, che si conservano a lungo per la presenza dell’aceto.
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Friarielli in padella: i friarielli sono una verdura tipica invernale, anche se ormai li si può trovare tutto l’anno sui banchi dei mercati. Fanno parte della famiglia dei broccoli: sono i fiori e le foglie delle cime di rapa. Prodotto coltivato soprattutto in Campania, raramente si trova in vendita nel resto d’Italia. I friariello sono preparati spesso in padella, appassiti dal vapore della loro stessa acqua, e accompagnano le salsicce, un ottimo connubio che troviamo anche sulla pizza napoletana.
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Babà: pur essendo nato in terra straniera, è in Campania che ha trovato la sua notorietà. Si tratta di un dolce che caratterizza soprattutto Napoli e si trova praticamente in quasi tutti i menu del capoluogo. Ha una lunga lavorazione, soprattutto per i tempi di lievitazione lunghi, ma una volta assaggiato crea assoluta dipendenza.
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Sfogliatella: riccia o frolla? Questo è il dubbio che attanaglia quando si entra in una pasticceria napoletana. Insieme ai babà, le sfogliatelle rappresentano i dolci tipici delle tradizione. Gli emigranti, salutando Napoli, lasciano spesso la città con un vassoio di quello che per loro non è soltanto un dolce, ma una ragione di vita. La differenza tra le due interpretazioni è l’involucro che avvolge il ripieno di semolino, ricotta e canditi: pasta frolla o pasta sfoglia, a voi la scelta.
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Pizza napoletana: come non inserirla in questo lungo elenco. La pizza rappresenta non solo Napoli, ma tutta la regione. Ultimamente tra eventi, pizzaioli divi di show televisivi, campionati vari, la pizza è sotto l’occhio del ciclone, ed a ragione. Finalmente, dopo un lungo lavoro di comunicazione, la pizza napoletana è riuscita a tracciare una propria identità, grazie a maestri pizzaioli di valore presenti in tutta la regione.
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Zeppole e panzarotti: le friggitorie sono parte della storia di Napoli ed è qui che zeppole e panzarotti la fanno da padrone nel concetto di cibo da strada partenopeo. Le zeppole, da non confondere con quelle dolci di San Giuseppe, sono ottenute da un impasto costituito da farina, acqua e lievito. I panzarotti, anche questi da non confondere con i panzerotti pugliesi, non sono altro che crocchè di patate di piccola taglia. Il tutto è presentato in fogli di carta gialla che assorbe l’olio in eccesso, a forma di cono: il cosiddetto cuoppo.
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Ragù: il re della domenica campana è il ragù, non si transige. Un sugo che ti fa conciliare con il mondo; anche in questo caso non c’è una ricetta unica da seguire. Il primo motivo di discussione nasce sulla scelta dei pezzi di carne da utilizzare: ne è ben degna rappresentazione la scena del film di Lina Wertmuller Sabato, domenica e lunedì, dove Sophia Loren intavola in macelleria una discussione proprio su questo argomento. Anche sul pomodoro sono diversi i pareri: chi utilizza la passata, chi compra i pomodori pelati e li passa al setaccio al momento, chi invece, come avviene nella provincia di Napoli, preferisce il pomodorino del piennolo a tutto il resto. Che sia in un modo o nell’altro, un bel piatto di ziti al ragù non si nega a nessuno. Fonte : Agrodolce.it