Era un fumoso Ottobre di circa cinque anni fa, presumibilmente cadeva l’anno 2008, e al centro di Napoli fervevano incontri di donne determinate, entusiaste e motivate, i cui temi vertevano sui diritti di eguaglianza, riconoscimento, costruzione sociale. Mi aggiravo al centro storico della città condotta da un’amica un sabato pomeriggio senza troppi sussulti, quando feci la conoscenza di tale compagine impegnata e attiva.
Due tipe dai capelli biondi, una dagli occhi verdi belli belli e il viso di perfezione perfetta, e l’altra dagli occhi azzurri, pungenti e vispi come quelli di un furetto, e bella uguale, sedevano su un banco dentro lo stanzone di un palazzo che avrà avuto almeno cent’anni, e circondate da una moltitudine di giovani donne attente e partecipanti, dichiaravano, proponevano, ascoltavano. Senza esitazione compresi di trovarmi di fronte a due menti brillanti, a loro volta supportate da due cuori fieri. Ecco: avevo avuto fortuna. Non è fortuna di tutti i giorni un incontro di trama e struttura solidale come una colla emotiva di prima qualità.
Le due si chiamavano Igea Montemurro e Giordana Curati.
Inziarono quindi le nostre frequentazioni. Fu durante una lenta passeggiata a via Benedetto Croce, la strada che attraversa Piazza del Gesù Nuovo fino a Piazzetta Nilo, insomma uno dei segmenti viari della famosa Spaccanapoli, che proprio lei, l’Igea, mi rivelò che era una violinista (una vera intendo) e che la Giordana era una talentuosa fisarmonicista, e avrebbero avuto piacere a conoscermi musicalmente.
Che io suonassi la chitarra non era un mistero, è una di quelle cose della mia vita che sono sempre in prima posizione nella fila della conoscenza. E così fu.
Ma non fu per caso, cioè non credo al caso per caso.
La regista Anna Santonicola, amica di vecchia data, un mese dopo i primi incontri musicali di quelle che sarebbero poi diventate le “Mujeres”, ci chiese di comporre una colonna sonora originale per un documentario sulle disparità di genere. Ecco perché vi dico che non fu un caso: in meno di un mese quella colla emotiva si trasformò in un brano calzante a pennello: “A sud dell’onda”, che ben presto andò in giro per l’etere come risultato di un miracolo casuale (beh, è il caso di dire!).
L’incipit nel corso degli anni si è trasformato in una storia, che ha attraversato sale di incisione, teatri e locali. Come fu, un’altra bionda, dagli occhi castani, incrociò la nostra storia. Si presentò come “Assia”, e lo fece con una voce cristallina e dolce, dalle note nuove.
Gli incontri in musica sono complessi come quelli degli amanti perché pertengono al mondo delle emozioni: la musica è una dea che cura gli animi, muove le folle, cambia le opinioni. Insomma una potenza quasi suprema.
E la nostra Assia fu parte di questa magia.
I nostri incontri divennero sempre più fruttuosi e nacquero: “Rosaspina”, “Tangorà”, “L’idea”, “Ex waltzer”, “La ballata de lu fuoco”, “A woman’s day”, “Le stelle sono rare”.
In fondo il caso (o il destino) ci aveva convogliate in un luogo fantastico: la gioia della creatività femminile in connubio musicale.
La band delle “Mujeres Creando” è composta da:
- Assia Fiorillo – ai microfoni, al tamburello, e allo shaker;
- Anna Claudia Postiglione – alla chitarra e raramente ai cori;
- Igea Montemurro – al violino (con mirabili balzetti e pizzicati);
- Giordana Curati – alla fisarmonica, ai cori, alle percussioni (maracas, cabasa, bastone della pioggia, tammorra, e al rospetto thailandese).
- Marisa Cataldo – al cajon, splash, squash, smash, charleston e cha cha cha
Il nome del gruppo è preso in prestito dal collettivo femminista sudamericano “Mujeres Creando” fondato nel 1992 da Julieta Paredes, Maria Galindo e Mònica Mendoza. In italiano significa: “Donne che creano”.
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