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Published on giugno 28th, 2016 | by Antonio Ciccotti

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Storia cucina napoletana

Cucina napoletana dall’epoca greco-romana al medioevo.

La cucina napoletana ha antichissime radici storiche che risalgono al periodo greco-romano e si è arricchita nei secoli con l’influsso delle differenti culture che si sono susseguite durante le varie dominazioni della città e del territorio circostante. Importantissimo è stato l’apporto della fantasia e creatività dei napoletani nella varietà di piatti e ricette oggi presenti nella cultura culinaria partenopea.

In quanto capitale del regno, la cucina di Napoli ha assorbito anche gran parte delle tradizioni culinarie dell’intera Campania, raggiungendo un giusto equilibrio tra piatti di terra (pasta, verdure, latticini) e piatti di mare (pesce, crostacei, molluschi).

A seguito delle varie dominazioni, principalmente quella francese e quella spagnola, si è delineata la separazione tra una cucina aristocratica ed una popolare.

 La prima, caratterizzata da piatti elaborati e di ispirazione internazionale, sostanziosi e preparati con ingredienti ricchi, come i timballi o il sartù di riso, mentre la seconda legata ad ingredienti della terra: cereali,legumi, verdure, come la popolarissima pasta e fagioli. A seguito delle rielaborazioni avvenute durante i secoli, e della contaminazione con la cultura culinaria più nobile, la cucina napoletana possiede ora una gamma vastissima di pietanze, tra le quali spesso anche quelle preparate con gli ingredienti più semplici risultano estremamente raffinate.

Nonostante le contaminazioni avvenute durante i secoli, compreso quello appena trascorso, la cucina napoletana conserva tutt’oggi un repertorio di piatti, ingredienti e preparazioni che ne caratterizzano una identità culturale inconfondibile

 Un negozio di prodotti tipici napoletani e campani a Spaccanapoli

(NAP)« ‘O purpo se coce dint’a ll’acqua soja. » (IT)« Il polpo si cuoce nella sua stessa acqua.»
(Proverbio napoletano)

La cucina in Epoca greco-romana

Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina nell’antica Roma.

 

Piatto greco con pesci, probabilmente atto a contenere portate di mare (Altes Museum, Berlino). Provenienza: Magna Grecia.

 

Un affresco di Pompei con frutta, che può suggerirci alcuni dei gusti a tavola degli antichi romani. Provenienza: museo archeologico di Napoli.

 

Un affresco di Pompei con un’aragosta e diversi molluschi, già ingredienti della cucina romana. Provenienza: Museo archeologico di Napoli.

 

Pagnotta carbonizzata ritrovata a Pompei. Provenienza: Museo archeologico di Napoli.

Non è sempre banale ritrovare riferimenti diretti alla tradizione culinaria del periodogreco-romano. Tra le tracce dei gusti culinari classici, diversi piatti di fattura greca raffigurano pesci e molluschi, segno del consumo di piatti di mare in quell’epoca. In diversi affreschi pompeiani sono rappresentati cesti di frutta (fichi, melograni), mentre nella villa di Poppea ad Oplontis è dipinto un dolce, di cui non è dato conoscere gli ingredienti.

Il prodotto ancora in uso più vicino al garum romano è la colatura d’alici tipica diCetara[3], ed è forse una reminiscenza del gusto agrodolce tipico della cucina diApicio e degli antichi romani l’uso di condire diversi piatti salati con l’uva passa, come nella pizza di scarole, o le braciole al ragù. Dal latino ex Apicio potrebbe provenire il termine scapece, un modo tipico di preparare le zucchine con aceto e menta[4].

Anche l’impiego del grano nella pastiera, dolce tipico di Pasqua, potrebbe avere un valore simbolico legato ai culti di Cerere ed ai riti pagani di fertilità celebrati nel periodo dell’equinozio di primavera.

Il vocabolo greco στρόγγυλος, stróngylos, che significa “di forma tondeggiante”potrebbe aver dato l’origine al nome degli struffoli natalizi. Ed il nome della pizza, infine, deriva probabilmente da pinsa, participio passato del verbo latino pinsere, che vuol dire schiacciare.

Lucullo aveva una splendida villa a Napoli, tra il monte Echia, oggi Pizzofalcone, e l’isolotto di Megaride, dove oggi si trova il castel dell’Ovo.

La villa era circondata dal mare, e nelle sue adiacenze Lucullo vi aveva fatto costruire vasche per l’allevamento di pesci, in particolare murene, che erano ingredienti per i sontuosi banchetti organizzati dal padrone di casa che resero la villa celebre. Da questi banchetti ebbe origine l’aggettivo luculliano, per indicare una cena molto abbondante e deliziosa.

Cucina napoletana nel Medioevo.

A Napoli all’inizio del Trecento, fu scritto in latino da un cortigiano del re Carlo II d’Angiò il più antico ricettario di cucina conosciuto, il Liber de coquina. Il libro riporta ricette provenienti diverse corti, principalmente di influenza francese e napoletana, ma comprendente influssi arabi, spagnoli e di altre regioni italiane. Nel testo una sezione è dedicata ai legumi:

(LA)« De leguminibus : recipe cicera et pone ad distemperandum per unam noctem in lexiuio bene salsato. Mane autem, abluas bene cum aqua tepida. Postea, decoque ea in aqua tepida et, in fine decoctionis, pone sal et oleum uel aliam pinguedinem. » (IT)« Legumi: porre i ceci a bagno per una notte in liscivia[10] ben salata. La mattina successiva, sciacquare bene con acqua tiepida. Quindi, mettere a cuocere in acqua tiepida e, a fine cottura, condire con sale e olio o altro tipo di grasso. »Fonte :Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

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About the Author

Mi chiamo Antonio Ciccotti ,sono nato a Napoli in un caldo mese di Luglio, una città unica,che non ha bisogno di presentazioni. Partecipazione,attivismo,informazione ,libertà di espressione.sono le cose che più mi interessano.



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